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lunedì 30 marzo 2009

Società civile irachena a Firenze: incontro pubblico


Resistere alla violenza e all'occupazione in Iraq:

Testimonianze del gruppo nonviolento iracheno LaOnf




La rete irachena LaOnf è un insieme di attivisti, ong e associazioni irachene che promuove i diritti umani e la resistenza nonviolenta per un Iraq libero, democratico e rispettoso di tutte le tendenze religiose e politiche, contro l'occupazione militare straniera ma anche contro le
violenze e l'oppressione che nascono fra gli iracheni medesimi.
Per saperne di più:
http://www.unponteper.it/cosafacciamo/schedaprogetto.php?sid=55&thold=0 <http://www.unponteper.it/cosafacciamo/schedaprogetto.php?sid=55&thold=0>
http://www.laonf.org/


Modera: Martina Pignatti Morano (Unponteper)

Intervengono:
- /Abdullah Khalid/ di Erbil, membro fondatore di LaOnf, direttore del Centro Hiwar (Dialogo) di sostegno alla società civile. Ha assunto posizioni ferme di rifiuto dell'occupazione militare come strumento di democratizzazione, e ha tradotto in kurdo testi di Gandhi e M. L. King
- /Salam Khalid Shihab/ di Falluja, giovane coordinatore locale del gruppo LaOnf-Falluja e giornalista, membro del Falluja Center for Human Rights, segue studi islamici e tiene orazioni sulla nonviolenza nella principale moschea di Falluja.
- /Husum Abdulsada Shnawa/ di Baghdad, giornalista, poeta e attivista del gruppo LaOnf-Baghdad. Lavora a livello nazionale per stimolare la stampa irachena a riportare notizie sulle attività della società civile e del gruppo LaOnf.

mercoledì 1 aprile ore 16:30
presso circolo SMS Rifredi, via Vittorio Emanuele II n. 303

per arrivare:

http://associazioni.comune.firenze.it/smsrif/strada.html#2

http://www.viamichelin.it/viamichelin/ita/dyn/controller/Cartes?strCountry=612&strAddress=via+vittorio+emanuele+II+303&strMerged=firenze&x=49&y=14&ie=UTF-8
<http://www.viamichelin.it/viamichelin/ita/dyn/controller/Cartes?strCountry=612&strAddress=via+vittorio+emanuele+II+303&strMerged=firenze&x=49&y=14&ie=UTF-8>

Promuovono l'iniziativa

Tavola per la Nonviolenza di Firenze
Unponteper
Movimento Umanista
La comunità per lo sviluppo umano ( organismo Movimento Umanista)

domenica 29 marzo 2009

"La nuova ondata"



videoreportage esclusivo
di Fabrizio Gatti per l'Espresso


Dal Niger quasi 10 mila africani fuggono verso le nostre coste. La guerra per l'uranio e l'alleanza Gheddafi-Sarkozy favoriscono i trafficanti. E gli accordi Italia-Libia diventano così una beffa. In esclusiva, il film-inchiesta 'Sulla via di Agadez'.

Riflessione: l'Uranio serve per il nucleare

Leggi e guarda tutto....

venerdì 27 marzo 2009

giovedì 26 marzo 2009

Perché il Centro delle Culture aderisce alla Marcia Mondiale per la Pace e la Nonviolenza

Il Centro delle Culture aderisce alla Marcia mondiale per la pace e la nonviolenza

Promuovere il dialogo tra culture significa incoraggiare l'incontro tra le diversità, pretendere l'uniformità, al contrario, è una forma di violenza.
Il pregiudizio è il vero nemico, e non esiste arma in grado di distruggerlo. Il pregiudizio può scomparire solo attraverso apertura, conoscenza e contatto diretto che svelano, dietro la molteplicità delle forme, lo stesso bisogno di pace in tutti i popoli.

Lottare per la libera circolazione delle persone è promuovere la nonviolenza. Una marcia che attraversa 120 Paesi del mondo è il simbolo della libera circolazione degli individui e della creazione di ponti fra le genti, le culture, le sensibilità. Chiudere le frontiere, oltre a rappresentare un'illusione di sicurezza, mostra la paura di chi teme di perdere i propri privilegi e genera divisione anche fra coloro che niente hanno da perdere.

Il colonialismo esplicito, e quello truccato da aiuto umanitario, da sempre genera povertà, discriminazione, conflitti con cui dominare e gestire le risorse del pianeta; la violenza economica e politica costringe le persone a migrare. Una cooperazione che non stimoli e faciliti l'autodeterminazione dei popoli nasconde solo un nuovo tentativo di dominio.

Noi, donne e uomini del ventunesimo secolo, portatori di una nuova sensibilità che ha le proprie radici nella metodologia nonviolenta, dobbiamo serrare le fila, riconoscerci e ritrovarci. Dobbiamo unire i nostri cuori e far sentire al mondo che siamo fatti di un’altra pasta, siamo fatti di pace e di nonviolenza.
Non si tratta di una lotta, né di un conflitto tra ideologie diverse. Si tratta di un sentimento più profondo, che nasce da un sentire comune e dal sogno che un altro mondo è possibile. Si tratta di riconoscersi e di unirsi.

La minaccia atomica e l'urgenza della risoluzione di tutti i conflitti nel mondo sono evidenti, così come è evidente la necessità di promuovere una nuova coscienza planetaria nonviolenta. Se saremo tanti e uniti - associazioni, organizzazioni, gruppi, singoli individui - riusciremo a far sentire più forte la voce della pace e della nonviolenza, una voce potente di fronte alla quale tutti coloro che stanno ingannando l’umanità impallidiranno.

Aderire alla Marcia mondiale significa impegnarsi a denunciare con ancora più forza tutte le situazioni di discriminazione locali e dare grande visibilità ad ogni azione nonviolenta. Aderire alla Marcia è anche opporsi con forza a leggi nazionali e europee che rasentano il crimine e offendono i diritti umani. Aderire è infine porre un segno positivo a tutti i nostri atti di denuncia e di protesta, quello dell’aspirazione ad un futuro di pace e nonviolenza.

Aderisco :

Perché voglio sperimentare la diversità come ricchezza e voglio aiutare gli altri a viverla così.
Perché ho bisogno di sperimentare, che anche se siamo tanti e molto diversi ci si può mettere d'accorso, se si vuole.
Perché per fare il salto evolutivo del ripudio della violenza abbiamo bisogno di tutte le caratteristiche positive che ci compongono come umanità su questo pianeta.
Perché tutti possano muoversi con libertà.
Perché la vita sia sacra e non abbia un prezzo.
Perché gli errori del passato non continuino a martorizzarci e impedire l'apertura del futuro.
Altro.................................scrivi anche tu perché

Zona rossa a Lampedusa mentre la Libia incarcera i migranti

di Fulvio Vassallo Paleologo, Università di Palermo

Di fronte al fallimento delle politiche migratorie volute dal governo e dal ministro Maroni, mentre proseguono gli arrivi di migranti a Lampedusa, oltre trecentosessanta persone nelle ultime 24 ore, tra cui molte donne e minori, aumentano i tentativi di depistaggio e gli interventi repressivi che vorrebbero camuffare la reale dimensione dei fatti, impedendo anche ai giornalisti ed alle associazioni di assolvere ai doveri primari di informazione ed assistenza. E il gioco sembra riuscire perché Lampedusa è scomparsa dai mezzi di informazione, mentre si tenta di dividere la popolazione locale tra promesse di compensazione e minacce. Tentativi di depistaggio, dopo la visita "farsa" di Barrot, che ha lodato le politiche sull'asilo adottate dall?Italia, senza accorgersi che gli avevano fatto sparire sotto gli occhi, poco prima che il suo aereo atterrasse a Lampedusa, proprio i richiedenti asilo, e che i migranti da lui incontrati erano detenuti in un Centro di identificazione ed espulsione, e che non si trattava nella quasi totalità di richiedenti asilo, ma di immigrati tunisini trattenuti da settimane in condizioni disumane, con provvedimenti di dubbia legittimità, ostaggio degli accordi stipulati dall?Italia con il governo tunisino.

Tutti dimenticano che oltre la metà dei migranti che sono giunti lo scorso anno a Lampedusa dalla Libia sono richiedenti asilo e che molti di loro hanno ottenuto il riconoscimento di uno status di protezione internazionale. Eppure, durante la visita del Commissario dell'Unione Europea Barrot, i richiedenti asilo erano (non) misteriosamente scomparsi. Un vecchio trucco che già in passato era stato utilizzato proprio a Lampedusa, in occasione della visita di parlamentari europei. Ma la realtà è più forte delle menzogne e ancora nella notte del 15 marzo, subito dopo la visita di Barrot a Malta, un gommone con altri 76 immigrati, tra cui 13 donne, é stato soccorso a 40 miglia a sud delle Pelagie, proprio in acque di competenza maltese. Sulla base di procedure sommarie, con tempi di attesa indecenti per persone che avrebbero bisogno di soccorsi immediati, il governo italiano per mantenere il silenzio sui propri fallimenti è intanto costretto a trasferire la maggior parte dei migranti a Porto Empedocle, saltando anche Lampedusa. Non sono chiari i criteri in base ai quali in qualche ore, magari a bordo di piccole imbarcazioni della Finanza o sulla banchina del porto, dove i migranti vengono ammassati seduti a terra per ore dopo lo sbarco, si procede alla identificazione ed alla attribuzione dell'età. Ma per il Commissario Barrot tutto questo non conta nulla, tanto non gli hanno fatto vedere nulla, quindi queste persone ed i loro drammi, per l'Unione Europea semplicemente non esistono.

I tentativi di mistificazione si susseguono, e gli accordi politici producono i primi segnali di collaborazione, ma anche questi mistificano quanto avviene nella realtà. Secondo la notizia diffusa dall'Ansa domenica 15 marzo, sono 4581 gli immigrati illegali detenuti nelle carceri libiche: clandestini provenienti da Marocco, Tunisia, Egitto, India e Bangladesh. A fornire i dati è stato Abdulhamed Maraja, direttore del Dipartimento per l?investigazione sull'immigrazione. Solo fra ieri sera e questa mattina sono 100 le persone trovate dalla polizia sulle spiagge di Tripoli, rientrate a nuoto perché le loro barche di fortuna sono affondate - spiega Maraja - e 48 quelle catturate a Zawia mentre provavano a partire?. Un favore fatto dalle autorità libiche agli amici del governo italiano, un annuncio ad orologeria, subito coperto dalla nuova ondata di sbarchi, ormai anche sull?isola.

Notizie veramente preoccupanti, oltre che per la sorte di quanti si trovavano sulle imbarcazioni "affondate" ( da sole) poco distante dalla costa libica, perché sembrano "scomparsi", in quanto non fanno neppure statistica, gli eritrei, i somali, e in genere i migranti dell'africa subsahariana detenuti in condizioni disumane nei centri di detenzione libici ( a Misurata in particolare) come documentato dai report raccolti su www.fortersseurope.blogspot.com. Notizie sempre più preoccupanti perché confermano che gli interventi di contrasto al limite delle acque libiche, assai probabilmente con la partecipazione attiva delle pattuglie Frontex che fanno base a Malta, si concludono con i migranti che ritornano a nuoto sulla riva di partenza. Proprio quel "pattugliamento congiunto", per respingere nei porti di partenza le imbarcazioni cariche di "clandestini", auspicato da Berlusconi e da Maroni. E quanti ne moriranno in queste ore, con tutti i soldi dell'Unione Europea che invia le missioni Frontex, tra coloro che, dopo il "naufragio" della loro imbarcazione non sanno nuotare o non riusciranno comunque a raggiungere la spiaggia ?

Ma cosa possono importare altri cadaveri che galleggiano nel Mediterraneo, purché ciò avvenga lontano dalle spiagge che tra qualche mese saranno invase dai turisti, che magari si vedranno arrivare in mezzo agli ombrelloni un barcone carico di disperati, come è successo oggi, proprio nella spiaggia più bella di Lampedusa, davanti all'Isola dei Conigli. E speriamo davvero che queste barche arrivino, e che non si debba assistere ancora alle tante tragedie che hanno costellato questi ultimi mesi le rotte dell'immigrazione clandestina, decine e decine di cadaveri abbandonati in mare, trascinati dalle correnti, finiti a pezzi nelle reti dei pescatori, questo è il Canale di Sicilia che non si vuole fare vedere. E ad ogni inasprimento delle misure di contrasto i trafficanti ringraziano ed aumentano i loro profitti, perché i rischi aumentano e le rotte si allungano. Nessuno sembra accorgersi che l?unico modo per contrastare l?immigrazione clandestina è l?apertura di canali di ingresso nella legalità.

E intanto nessuno deve vedere niente neppure a Lampedusa. L'isola è ormai completamente militarizzata, la libertà di circolazione e di osservazione è sottoposta al rigido regime delle zone militari, il porto durante gli sbarchi, il vecchio centro di Contrada Imbriacola, la vecchia base Loran, una intera parte dell'isola, trasformata dai militari in ?zona rossa? con minacce continue nei confronti di chiunque tenta di avvicinarsi per vedere che fine sta facendo uno dei territori più belli del mediterraneo. Ieri durante gli arrivi, ad un assessore comunale, secondo quanto riferiscono i mezzi di informazione, si è negato persino l?accesso alla banchina del porto. Un altro pezzo di Lampedusa che diventa periodicamente zona rossa, inaccessibile a tutti, soprattutto ai giornalisti ed agli operatori delle organizzazioni umanitarie che non hanno convenzionamento con il ministero dell'interno.

Un abitante di Lampedusa, nelle scorse settimane, mentre stava telefonando di sera da una cabina pubblica, è stato scambiato per un migrante irregolare e duramente pestato ( per errore) dalle forze di polizia. Un errore che confermano quali sono i metodi adottati abitualmente a Lampedusa nei confronti dei migranti, dentro e fuori i centri di detenzione, ma nessuno ha il coraggio di denunciare gli abusi, e la visita del Commissario Barrot, come quella di tanti parlamentari che lo hanno preceduto, e che pure hanno raccolto testimonianze agghiaccianti, è passata lasciando dietro soltanto qualche dichiarazione generica ed un comunicato stampa di poche righe.

Una lugubre fila di container è già pronta intanto per trasformare la vecchia base Loran in un centro di detenzione, poco importa quale sarà la sigla che adotteranno, senza allacci fognari, senza rete elettrica, senza autorizzazioni urbanistiche, violando uno dei paesaggi più belli dell'isola, tutto all?impronta dell?emergenza da protezione (in)civile, tutto ?pronto?, quando ancora i lavori non sono neppure cominciati, per inscatolare gli esseri umani che arriveranno nei prossimi giorni, per nasconderli all'opinione pubblica e deportarli nel segreto più assoluto.

Un segreto che probabilmente potrà essere violato solo dall?impegno delle associazioni indipendenti che non si rassegnano ( a differenza di qualche abitante dell'isola) alla militarizzazione di Lampedusa. Comunque si voglia fare da parte del governo e delle autorità amministrative, le informazioni sulla vergognosa situazione imposta alle Pelagie ( anche Linosa soffre sempre più l'emergenza immigrazione), riusciranno a circolare in Italia e nel mondo. Ed i Tribunali si occuperanno ancora a lungo di quanto sta avvenendo in questi mesi su un territorio che viene considerato (a torto) fuori dal diritto, come se fosse uno spazio extraterritoriale, una zona franca per sperimentare le pratiche più violente e discriminatorie di respingimento e detenzione.

Informazioni che circoleranno, malgrado i tentativi di intimidazione, come la schedatura inflitta ai componenti di un gruppo di rappresentanti di alcune associazioni antirazziste italiane e straniere, che domenica 15 marzo, al momento di imbarcarsi su un volo diretto da Lampedusa a Palermo, sono stati destinatari di misure di identificazione ( e di vera e propria schedatura) che non hanno riguardato gli altri viaggiatori. Un trattamento "particolare" che aumenta soltanto la determinazione e la coesione nella difesa dei migranti e dello stesso futuro di Lampedusa.

Un ennesima riprova che lo stato di polizia che si sperimenta già nei confronti dei migranti sul territorio di Lampedusa, si proietta su tutti coloro che non rinunciano a difendere i diritti fondamentali delle persone, a partire dal diritto di informazione e dai diritti di libertà e difesa.

mercoledì 25 marzo 2009

Nessuno scudo stellare in Repubblica Ceca!


Un messaggio da Jan Tamas, Ceco, membro del Movimento Umanista e leader del coordinamento Ne Zakladnàm (No alle basi) che si contrappone all'installazione delle basi radar USA sul territorio della Repubblica Ceca.





"Cari amici,
con grande felicità vi comunico che in Repubblica ceca è caduto il governo. Il parlamento ha votato la sfiducia. Per noi è una grande vittoria: sapevamo chiaramente che l'unica forma per fermare l'installazione della base militare radar degli USA era che il governo cadesse. Abbiamo lavorato per oltre 2 anni in questa direzione con permanenza e coerenza. Soprattutto è caduto un governo che rappresentava gli interessi delle industrie militari americane.
Il nostro lavoro è stato fondamentale per dare stimoli e fiducia ai deputati che già erano contro il radar ed insinuare dubbi in quelli che invece erano a favore. E proprio il cambiamento di opinione da parte di alcuni deputati ha reso possibile la caduta del governo. D'altra parte,
pressionato dallo sciopero della fame, il partito socialdemocratico ha dovuto prendere una posizione chiara a nostro favore, cosa che rende piu' difficile in futuro per loro cambiare opinione sulla questione del radar. Decisiva è stata anche la collaborazione con il partito
comunista, che ha sempre appoggiato le nostre iniziative.
Grazie a tutti voi per l'appoggio ricevuto in tante attività, appoggio che è stato determinante. Grazie alle numerose organizzazioni pacifiste, grazie agli europarlamentari che hanno creduto nella nostra lotta, grazie ai sindaci di diversi paesi, grazie al Movimento umanista che ha
permesso che la nostra protesta si estendesse a molti paesi europei fino a raggiungere altri continenti.
Si dovrebbe dare grande spazio a questa notizia. Gli USA devono riaggiustare i loro piani grazie alla protesta di un popolo che non vuole truppe militari di una potenza straniera sul proprio territorio.
E da tutti i territori del mondo si dovrebbero ritirare gli eserciti invasori!
E' necessario ora che in altri paesi si sviluppi una forte opposizione alle "guerre stellari" e a favore del disarmo nucleare!
Ora, in Repubblica ceca, si apre un nuovo capitolo nella nostra lotta".
Un forte abbraccio
Jan Tamas

lunedì 23 marzo 2009

ASSEMBLEA NAZIONALE DEGLI IMMIGRATI E DELLE IMMIGRATE

“Per riuscire a cambiare realmente le nostre vite in Italia , Europa occorre una presa di parola, forte e decisa... da parte nostra”

Il 15 febbraio scorso un gruppo di cittadini/e immigrati/e si è incontrato a Firenze, un appuntamento pubblico, perché eravamo e siamo convinti che solo a partire da un confronto e da una discussione seria sulla necessità di opporci, con determinazione, all’onda razzista, xenofoba e discriminatoria che il governo ha sapientemente alimentato con i suoi annunci, provvedimenti e decreti, potremo dare un senso alla protesta che giustamente viene da più parti in questo particolare momento.

Non abbiamo dubbi che questa linea politica sia la continuazione di quanto posto in essere dai passati governi di centro sinistra e destra, che insieme hanno creduto che andare incontro alle richieste di quella parte della cittadinanza italiana, che si ritiene “doc” e guarda con disprezzo chi è diverso, fosse elettoralisticamente producente.

Questa politica del governo è fatta, anche, per disorientare il resto della popolazione italiana convincendola attraverso un bombardamento mediatico dell’esistenza di un terribile nemico facilmente individuabili tra i cittadini/e immigrati/e e cittadini rom. Abbiamo deciso a Firenze di rivederci a Roma per proseguire il nostro cammino, che parte da lontano: dall’esperienza nell’associazionismo, nei sindacati e anche nel percorso che alcuni di noi ha fatto nel CII (Comitato Immigrati in Italia).

Ci siamo dati il compito di proseguire nel coinvolgimento di quella parte della cittadinanza che non ritiene umanamente accettabile il comportamento e le scelte del governo in materia di immigrazione, oltre al maggior numero possibile di immigrati/e.

Noi che, come i milioni di immigrati nel mondo, negli USA e nella fortezza Europa, abbiamo fatto nostro lo slogan: “qui siamo e qui rimaniamo”, siamo convinti che solo una presa di coscienza chiara e decisa potrà ridarci la forza per difendere la nostra dignità ed il ruolo che svolgiamo in questo paese, e crediamo sia giunta l’ora di chiamare gli immigrati/e e gli italiani/e antirazzisti/e a costruire resistenza, ad attrezzarci per difendere i nostri diritti, che sono i diritti di uomini e donne che non si arrendono alla marcia vergognosa di un governo che segrega, fa sparire, e condanna all’incertezza migliaia di persone, un governo che insiste nell'imporre il loro concetto di “italianità”.

La nostra proposta è questa: incontriamoci, parliamo, discutiamo del nostro futuro, insieme poniamo le basi per costruire la più ampia unità possibile di tutte e tutti gli immigrati/e, senza dimenticare che solo costruendo organizzazione e soggettività riusciremo a contrastare l’invisibilità, la clandestinità e saremo finalmente protagonisti della nostra vita, del nostro futuro, capaci di incidere in ambito sociale, economico e politico e di costruire alleanze e convivenza fraterna con i cittadini italiani.

Riteniamo questo appuntamento, un passaggio decisivo, per decidere in forma assembleare e partecipata, quale organizzazione o soggetto, quali strumenti e quali metodologie usare per attuare le iniziative necessarie per ottenere, come cittadini immigrati, rispetto dei nostri diritti e garanzia di sicurezza e giustizia sociale per noi e per l’intera società, della quale siamo una parte importante.

E ́ GIUNTA L’ORA DI AFFERMARE IL PROTAGONISMO SOCIALE E POLITICO DEGLI IMMIGRATI E DELLE IMMIGRATE

ASSEMBLEA NAZIONALE
ROMA 5 aprile 2009
Dalle ore 10.00 alle ore 15.00
indirizzo: Via Galileo 57
(Vicinissimo Piazza Vittorio / stazione Termini)
Promuovono: Unione Cittadini Immigrati Roma, Movimento Migrantes Y Familiares MFAM – Ass. Todo cambia Milano – Comitato Immigrati Napoli – Ass. Dhuumcatu ­ Lega Albanesi Illiria – Ass. Filippini Roma – Comitato Immigrati Roma – Ass. Sunugal Milano ­ Ass Insieme per la Pace ­ Ass Mosaico Interculturale – Federazione Senegalesi della Toscana – SdL intercategoriale ­ Ass. FOCSI (Roma); Ass. Bangladesh (Roma); Uai (Como); Centro delle culture (Milano); Ass. Punto di partenza; Movimento lotta per la casa (Firenze); Ass. El Mastaba (Firenze); Ass. Arcobaleno (Riccione); Sunugal (Milano); FAT; Studio 3R di mediazione; Centro delle culture (Firenze); Andres Barreto (Roma); Vojslao Stojanovrc (resp. Immigrazione PRC­Torino); Mohamed Badaoui – ass. interculturale Todo Cambia (Milano)...
Andrés Barreto tel. 3402392099 Roma

La domenica delle Piagge, dopo il manganello

Il Centro sociale è pieno, come tutte le domeniche quando si trasforma in chiesa e si fermano per un’ ora le attività sociali sul territorio. Alla messa delle 11 Alessandro Santoro, il prete della Comunità delle Piagge, è circondato da chi durante la settimana è impegnato in mille faccende all’interno del quartiere; c’è anche chi ha deciso di portare di persona la propria solidarietà dopo l‘intrusione fascista dell’altra notte. Si leggono i giornali, i messaggi posta di elettronica che arrivano dal resto della città e da tutta Italia e qualcuno storce la bocca notando l’assenza di una qualsiasi parola del vescovo di Firenze, Giuseppe Betori, o di qualsiasi altro prete della diocesi fiorentina.

21 marzo 2009, la messa delle Piagge

«Dobbiamo saper chiedere perdono a coloro che, nascosti dietro un manganello, non hanno la forza di mostrarsi alla luce del sole, incapaci di pagare il prezzo di quella vulnerabilità che si manifesterebbe in un istante» - dice Alessandro Santoro durante l’omelia. «Gesù sulla croce era nudo, metteva a disposizione la sua vita per quello che era, senza celarsi dietro alcunché. Allo stesso tempo dobbiamo saper chiedere perdono per quando esprimiamo una solidarietà di maniera, incapace di andare oltre e tradurre in azione l’indignazione che proviamo. Dobbiamo saper voltare pagina per davvero e agire nell’interesse di tutti, sfuggendo da quel conformismo al potere che ci coinvolge tutti sempre di più.»

Nelle ultime, convulse, ore la Comunità delle Piagge ha scritto collettivamente un testo per affermare, con forza e pubblicamente, che la sola cosa da fare in questo momento è quella di non rimanere coinvolti in questo folle clima di intolleranza sociale, politica, razziale che purtroppo Firenze e tutto il paese stanno vivendo. Ed è per questo che la Comunità piaggese continuerà a fare semplicemente quello che ha fatto fino ad oggi. Stare dalla parte degli ultimi senza perdere la coscienza della dignità e la speranza in una vita piena e vera. Il documento termina con un invito a coloro che hanno compiuto l’intrusione l’altra notte: «Rispondiamo con le parole di Pino Puglisi, il prete ucciso dalla mafia: “La vostra azione l’avete realizzata di notte, nel buio, senza il coraggio del vostro volto. Noi vi chiediamo di uscire alla luce del sole”.»

Ecco il testo integrale del documento della Comunità delle Piagge

Il Centro sociale Il Pozzo che rappresenta la nostra comunità in quanto luogo di accoglienza e di vita collettiva dove quotidianamente si incrociano le nostre vite e le storie di tante persone del quartiere e della città è stato per l’ennesima volta oggetto di atti di violenza e di ignoranza.
Qui ogni giorno, viviamo il tentativo ed il sogno di costruire nuovi percorsi di convivenza e di assunzione di responsabilità, e tante volte diventa vera e propria officina dove si sperimentano inedite modalità di vita a livello relazionale, economico, spirituale, politico e sociale.
Nella notte di giovedì, come ormai è noto, alcune persone hanno fatto irruzione nel centro sociale mettendolo a soqquadro, rubando svariati oggetti e lasciando sul pavimento un manganello con scritte fasciste.

Attivisti della Comunità delle Piagge ad una manifestazione per i diritti


Crediamo, ed è questo che vogliamo affermare con forza e pubblicamente, che la sola cosa da fare in questo momento sia non lasciarsi coinvolgere in questo folle clima di intolleranza sociale, politica, razziale che purtroppo la nostra città e tutto il paese stanno vivendo, e che in molti sciaguratamente cavalcano per raggiungere obiettivi vantaggiosi per pochi e dannosi per i più.
Per questo motivo ciò che faremo sarà semplicemente quello che abbiamo sempre fatto: lavorare quotidianamente, nelle nostre strade, nel nostro quartiere, in mezzo alla gente, dalla parte degli ultimi, con umiltà e fatica, ma senza perdere la coscienza della dignità della nostra lotta e la speranza in una vita piena e vera.
Per questo chiediamo a tutti quanti condividono con noi questo sogno di continuare a operare, ognuno nella propria realtà ma anche tutti insieme, per la costruzione di una società più giusta. Intrecciare i fili dei nostri sogni e della nostra lotta comune sarà la risposta più efficace alla violenza dell’altra notte.
Alle persone che hanno compiuto quel gesto, ci sentiamo di rispondere con le parole di Pino Puglisi, il prete ucciso dalla mafia: «La vostra azione l’avete realizzata di notte, nel buio, senza il coraggio del vostro volto. Noi vi chiediamo di uscire alla luce del sole.»

Comunità di Base delle Piagge
Firenze, 21 marzo 2009

giovedì 19 marzo 2009

intervista di Giorgio Cremaschi della Cgil

Non aver paura, apriti agli altri, apriti ai diritti

Questa mattina [ 18/3] a Roma al teatro Ambra Iovinelli è stata presentata
la campagna contro il razzismo " Non aver paura, apriti agli altri, apri
ai diritti" promossa da 27 grandi organizzazioni tra le quale c'è anche la
Federazione Rom e Sinti.
Il teatro era pieno e per la federazione eravamo presenti io, graziano e
toni.





Le televisioni nazionali hanno riportato la presentazione e messo in onda lo spot durante i telegiornali.

Sul sito http://www.nonaverpaura.org/ trovate tutto il materiale della campagna
compreso il video che andrà in onda sulle televisioni pubbliche e private.
Inoltre ci saranno numerosi manifesti a e pagine di quotidiani e riviste
che riporteranno l'iniziativa. Oggi Repubblica riportava una pagina intera
di pubblicitàper questa campagna.

Dal sito è possibile firmare il manifesto, scaricare il materiale e
promuovere iniziative per la raccolota delle firme che saranno consegnate
al presidente della repubblica dal comitato promotore ( nel quale c'è
anche la federazione) il giorno 20 giugno 2009.
Per promuovere la presentazione della campagna a livello locale è
necessario prendere contatto con la segreteria e concordare.

Allego banner della campagna, il manifesto della campagna.

ciao
Nazzareno Guarnieri

Ass. RomSinti@Politica
Presidente Federazione Rom e Sinti
tel.3277393570 - 3396408501

email: nazzarenoguarnieri@yahoo.it

sabato 14 marzo 2009

Testimonianze dal CIE di Ponte Galeria

Lo sceriffo di Ponte Galeria: cronaca di una visita al Cie.

Un sopralluogo al Centro di identificazione ed espulsione di Ponte Galeria alle porte di Roma. Una zona grigia di cui i migranti non hanno diritti, e oscuri poliziotti decidono su tutto. E maltrattano i consiglieri regionali.

di Anna Pizzo



Gli appunti ci sono stati stracciati, la penna tolta di mano, siamo stati spinti oltre i cancelli e ammoniti a non farlo mai più. Si è concluso così il sopralluogo al Cie [Centro di identificazione ed espulsione] di Ponte Galeria, a Roma.
Non era la prima volta che andavamo nell’ex Cpt della capitale né la prima che mettevamo piede in uno dei dieci Cpt attualmente funzionanti in Italia [ma se ne prevede la costruzione di altri nove]. Ma è di certo la prima volta che veniamo trattati in questo modo.
Eppure, ci eravamo andati con tutti i crismi dell’ufficialità: due consiglieri regionali che si sono fatti precedere da una lettera al prefetto, due accompagnatori, due inviati dal Cerimoniale della Presidenza del Consiglio regionale. Ciononostante, al funzionario di polizia in quel momento responsabile del Centro, dottor Baldelli, al quale sarebbe più congeniale la definizione di sceriffo, c’è voluto più o meno un’ora e mezza per decidere che le autorizzazioni non erano «taroccate» e che potevamo entrare.
A quel punto, e non senza un giro vorticoso di telefonate, ci ha scortato assieme a un suo solerte «uomo» e a un silente vice direttore della Croce rossa , senza mai perderci di vista. «Ma cosa esattamente volete visitare?». Ci ha chiesto più volte. E noi: «tutto». «Ma alcuni settori non sono consentiti neppure al Garante dei detenuti», risponde. Poi, quando lo incalziamo per sapere di quali settori stia parlando, si corregge, cambia argomento.

Prima tappa: le donne. «Siamo consiglieri regionali – diciamo – avete qualcosa da chiedere?». Le donne, per lo più nigeriane, ci guardano con un misto di scetticismo, ironia, e disperazione. «La libertà», risponde una e le altre annuiscono. Non parlano volentieri le donne, tranne una anziana rom che racconta di essere in Italia dal 1970 e di avere in questo paese partorito dieci figli che però non sono italiani e, stando così le cose, non lo saranno mai.

Andiamo nelle «gabbie» degli uomini. Lo scenario non cambia: doppie file di sbarre alte oltre tre metri e dentro stanze come tane per orsi, fatiscenti. Chi varca quei cancelli non ha i diritti che spettano ai detenuti né la dignità che spetta a ogni cittadino. Ponte Galeria è il luogo della sospensione di tutto, non devi neppure scontare una pena che non hai commesso. È una zona grigia, è una terra di nessuno nella quale non c’è legge se non quella di chi comanda. Come si può spiegare altrimenti, quello che anche a noi consiglieri è capitato? Mentre rivolgevamo anche agli uomini le medesime domande: «Cosa chiedete? Siamo del Consiglio regionale, avete domande da porci?» la musica è cambiata.

Man mano che giovani e meno giovani, nigeriani e bosniaci, rom e richiedenti asilo, tunisini e est europei ci si facevano incontro per parlare, raccontare, spiegare, chiedere, il funzionario di polizia Baldelli ha cominciato a spingerli, a intimare loro di farsi da parte, ci ha tolto di mano la penna con la quale stavamo prendendo appunti, ha preteso che gli consegnassimo il blocchetto, ci ha spinto verso l’uscita.

E non sono mancati i toni sfottenti:. a un giovane che si lamentava di non poter nemmeno comperare un deodorante, Baldelli ha risposto, noi testimoni: «Ma a cosa serve a te un deodorante?». Se non possiamo prendere appunti, anche se è la prima volta che ci capita, gli diciamo, possiamo almeno lasciare il nostro biglietto da visita? Negato.

Mentre siamo costretti ad allontanarci, riusciamo appena a lasciare ai reclusi il nostro numero di telefono. Da quel momento, è un continuo squillare del telefono per chiamate dal Cie alle quali non sappiamo se potremo dare risposte.

L’ultima, arrivata qualche minuto fa, ci diceva che il funzionario, evidentemente irritato, ha detto ai reclusi: «Voi da qui ve ne andrete solo quando io lo deciderò».

Medici spie, neonati invisibili, poveri esclusi dai servizi sociali perché privati della residenza

Il pacchetto sicurezza è una dichiarazione di guerra.

Ma medici e mondo del volontariato rifiutano la chiamata alle armi. «Se non verrà eliminato dalla Camera, l'obbligo di denunciare i sans paiers, paradossalmente, i medici ospedalieri e del territorio, che rispetteranno il giuramento a Ippocrate e la Costituzione, diventeranno anch'essi clandestini dovendo agire in segretezza in modo difforme dal codice penale», ha spiegato Massimo Cozza, segretario nazionale dei medici Cgil, durante una conferenza stampa unitaria di ieri.

Anche solo la possibilità di segnalare un "clandestino" era parsa inaccettabile a coloro che il ministro Brunetta non ha esitato a etichettare «fannulloni e macellai». Etichette bocciate, come pure quella di spie: le sigle sindacali dei medici (Anaao assomed, Cimo asmd, Aaroi, fp Cgil, Fvm, Federazione Cisl, Fassid, Fesmed, Uil fpl) sono pronte a usare ogni strumento legale, fino alla Corte di giustizia europea passando per la Corte costituzionale nel caso in cui la Camera non ritocchi l'obbrobrio stabilito a Palazzo Madama: quell'emendamento della Lega nord con cui è stato abrogato il divieto di denuncia di immigrati clandestini all'autorità
giudiziaria.

«Senza scomodare l'etica e i diritti costituzionali - prosegue Cozza - basterebbe pensare ai danni alla salute collettiva per la mancata prevenzione e cura delle malattie infettive trasmissibili in conseguenza alla fuga dei sans papiers dagli ospedali».

I rischi sono diversi: operare senza tranquillità dovendo ogni volta scegliere tra seguire il codice
deontologico o la legge, la nascita di una sanità parallela (ambulatori clandestini) e il pericolo di un accesso in ritardo in ambulatorio cosa che preoccupa per la salute pubblica e che comporterebbe il ritorno di malattie scomparse (come focolai di tubercolosi, già 4.400 casi nel 2005), un aumento dei costi per curare malattie che normalmente costerebbero meno (il Ssn spende lo 0,5% per immigrati), e nondimeno un'ulteriore ricaduta sull'organizzazione del lavoro (perdita di almeno un'ora e mezza per una denuncia).

Salvare vite è una missione compresa perfino dal lato più destro dello schieramento, l'Ugl medici: «I medici non si possono sostituire ai poliziotti».

Il reato di clandestinità da una parte e l'abrogazione del divieto di denuncia «è una tenaglia che ci mette davanti a una profonda crisi di identità» e produce «effetti negativi di molto superiori alla lotta alla clandestinità», dice anche il presidente della Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri (Fnomceo), Amedeo Bianco, che boccia l'equazione «ti curo poi ti consegno».

Inoltre, se passasse il ddl sulla sicurezza i nascituri stranieri di genitori privi di permesso di soggiorno non potranno essere registrati all'anagrafe. L'Associazione culturale pediatri e l'
Associazione studi giuridici (Asgi) accusano una norma passata quasi inosservata in palese violazione della Costituzione e della Convenzione Onu sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza.

«Le conseguenze sarebbero gravissime: i bambini non registrati alla nascita resterebbero senza identità, completamente invisibili; vi è inoltre il forte rischio che i bambini nati in ospedale non vengano consegnati ai genitori privi di permesso di soggiorno e siano dichiarati in stato d'abbandono; per evitare questo, è probabile che molte donne in condizione irregolare decidano di non partorire in ospedale, con serissimi rischi per la salute della madre e del bambino».

E i neonati resteranno privi di qualsiasi documento e sconosciuti alle istituzioni: bambini invisibili.

Ma il pacchetto sicurezza contiene altri veleni: almeno due milioni di italiani verranno privati della residenza da parte dei loro comuni, perdendo così il diritto di accedere ai servizi. L'allarme è lanciato dalle associazioni di volontariato che si occupano di povertà.

Un articolo stabilisce la necessità di avere il certificato di idoneità sanitaria per la propria abitazione per poter ottenere dai comuni la residenza.

Una norma pensata per contrastare le favelas.

Ma, senza residenza, non c'e diritto di accesso ai servizi, e questo riguarderà molti italiani come giovani precari o anziani che vivono o vanno a vivere in alloggi privi dei requisiti.

Così, i senzadimora, anzichè essere avviati a un percorso di recupero e reinserimento, verranno gettati in una situazione ancor più estrema. Come nei "bassi" a Napoli, nei Sassi di Matera.

Un'altra assurdità prevede l'istituzione del registro dei senza fissa dimora, l'elenco dei cittadini di serie B.

Checchino Antonini, Liberazione 12/3/09

lunedì 9 marzo 2009

Inoltra questa mail: per un acqua pubblica

inoltra questa mail e per saperne di più vai a: www.acquabenecomune.org

alessandri_a@camera.it, margiotta_s@camera.it, tortoli_r@camera.it,

libe_m@camera.it, pizzolante_s@camera.it, aracri_f@camera.it,
bocci_g@camera.it, bonciani_a@camera.it, braga_c@camera.it,
bratti_a@camera.it, cera_a@camera.it, cosenza_g@camera.it,
simeone.dicagno@camera.it, dussin_g@camera.it, esposito_s@camera.it,
foti_t@camera.it, germana_antonino@camera.it, ghiglia_a@camera.it,
gibiino_v@camera.it, ginoble_t@camera.it, iannarilli_a@camera.it,
iannuzzi_b@camera.it, lanzarin_m@camera.it, lisi_u@camera.it,
lupi_m@camera.it, marantelli_d@camera.it, mariani_r@camera.it,
martella_a@camera.it, mastromauro_ , mondello_g@camera.it,
morassut_r@camera.it, motta_c@camera.it, nucara_f@camera.it,
piffari_s@camera.it, pili_m@camera.it, realacci_e@camera.it,
scalera_g@camera.it, scalia_g@camera.it, stradella_f@camera.it,
togni_r@camera.it, vella_p@camera.it, vessa_p@camera.it,
viola_r@camera.it, zamparutti_e@camera.it, dionisi_a@camera.it

copia gli indirizzi sopra nella barra del mittente della mail

Agli Onorevoli Deputati della Commissione Ambiente della Camera dei Deputati

Oggetto: Audizioni sulla legge d’iniziativa popolare “Principi per la tutela, il governo e la gestione pubblica delle acque e disposizioni per la ripubblicizzazione del servizio idrico”


Gentile Onorevole,

ci permettiamo di scriverLe come Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua, una rete associativa cui aderiscono più di settanta organizzazioni nazionali e più di mille comitati territoriali, accomunati dalla consapevolezza dell’importanza dell’acqua come bene comune e diritto umano universale, dalla necessità di una sua salvaguardia per l’ambiente e per le future generazioni, dalla determinazione per una gestione pubblica e partecipativa dei servizi idrici.

Come Lei già saprà, il Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua ha promosso la legge d’iniziativa popolare “Principi per la tutela, il governo e la gestione pubblica delle acque e disposizioni per la ripubblicizzazione del servizio idrico”, a sostegno della quale ha raccolto 406.626 firme.

La suddetta proposta di legge è stata assegnata alla Commissione Ambiente della Camera dei Deputati in sede referente e il 22 Gennaio 2009 è iniziata la sua discussione con la relazione dell’On. D. Scilipoti.

Attualmente sono in via di definizione le audizioni presso la Commissione Ambiente a cui, come Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua, abbiamo richiesto di partecipare in qualità di promotori della legge e auspichiamo, altresì, che siano le più ampie possibili in virtù della natura d’iniziativa popolare di tale proposta.

Pertanto su questa base Le sottoponiamo l’esigenza di far in modo che tali audizioni contemplino tutte le diverse componenti e anime del Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua.

Siamo certi dell’attenzione con cui vorrà considerare la presente e in attesa di un Suo riscontro, cogliamo l’occasione per porgerLe i più cordiali auguri di buon lavoro.

Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua

Appello registrazione nascite di clandestini negli ospedali italiani


Care/i,
il ddl sicurezza prevede una norma, passata quasi inosservata, che impedisce la registrazione alla nascita dei figli di cittadini stranieri irregolari, in palese violazione della Costituzione e della Convenzione ONU sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza.

Le conseguenze di tale modifica normativa sarebbero gravissime: i bambini non registrati alla nascita resterebbero senza identità, completamente invisibili; vi è inoltre il forte rischio che i bambini nati in ospedale non vengano consegnati ai genitori privi di permesso di soggiorno e siano dichiarati in stato d'abbandono; per evitare questo, è probabile che molte donne in condizione irregolare decidano di non partorire in ospedale, con serissimi rischi per la salute della madre e del bambino.

Vi inviamo in allegato una lettera che intendiamo inviare (a firma di ASGI e di tutte le altre organizzazioni che vorranno aderire) alle Commissioni Affari Costituzionali e Giustizia della Camera, alla Commissione Infanzia e ai capigruppo.

Preghiamo tutte le organizzazioni che volessero aderire, di inviare l'adesione all'indirizzo info@asgi.it entro martedì sera 10 marzo.
Ci scusiamo con il brevissimo tempo a disposizione, ma l'esame del ddl inizia martedì e dunque i tempi sono strettissimi.

Grazie e a presto,
Elena Rozzi

Alla cortese attenzione

dei membri della Commissione Affari Costituzionali della Camera dei Deputati

Dei membri della Commissione Giustizia della Camera dei Deputati

Dei membri della Commissione parlamentare per l’Infanzia

Dei Gruppi parlamentari della Camera dei Deputati

9 marzo 2009


Oggetto: Conseguenze dell’art. 45, comma 1, lett. f) del ddl C. 2180 sul diritto del minore a essere registrato alla nascita

L’art. 45, comma 1, lett. f) del disegno di legge “Disposizioni in materia di sicurezza”, approvato dal Senato e attualmente all’esame della Camera (C. 2180), introduce l’obbligo per il cittadino straniero di esibire il permesso di soggiorno in sede di richiesta di provvedimenti riguardanti gli atti di stato civile, tra i quali sono inclusi anche gli atti di nascita1.

L’ufficiale dello stato civile non potrà dunque ricevere la dichiarazione di nascita né di riconoscimento del figlio naturale da parte di genitori stranieri privi di permesso di soggiorno.

1 La citata disposizione del disegno di legge modifica l’art. 6 comma 2 del D. Lgs. 286/1998, eliminando l’eccezione attualmente prevista in base a cui il cittadino straniero è esonerato dall’obbligo di presentare il documento di soggiorno per i provvedimenti riguardanti gli atti di stato civile. leggi tutto


lunedì 2 marzo 2009

Verso rifiuti Zero

Invito alla partecipazione
PER UNALTRACITTA' - Lista di cittadinanza
UNALTRACITTA'/UNALTROMONDO - Gruppo consiliare Comune di Firenze


Più verde, più sana, più vivibile: il lavoro ambientale nell'altra città
Serata a cura del gruppo di lavoro "Ambiente perUnaltracittà"

Verso rifiuti Zero:
un'altra città è senza inceneritori

Buone pratiche ed esempi concreti per produrre
meno rifiuti e per un'efficace raccolta differenziata

Mercoledì 4 marzo 2009, alle ore 21
presso il Circolo Arci, Piazza de' Ciompi, 11 - Firenze

parliamone con:
Alessio Ciacci, assessore all'ambiente di Capannori
Rossano Ercolini, Rete Nazionale Rifiuti Zero
Introduce Ornella De Zordo
Coordina Valeria Nardi, Coordinamento comitati della Piana

Per partecipare alla costruzione della lista o solo per conoscerci meglio
www.perunaltracitta.org - info@perunaltracitta.org

Presidio contro il sottoattraversamento AV di Firenze

Comitato contro il Sottoattraversamento AV di Firenze
3 MARZO 2009
dalle ore 16.00 alle ore 19.00
Presidio davanti alla stazione di Campo di Marte
(via Mannelli)

In una Firenze assediata dal traffico e soffocata dall'inquinamento, le Ferrovie dello Stato potrebbero essere un soggetto che aiuta la città a risollevarsi dalla coltre di smog e cemento con un uso oculato della rete ferroviaria.
Al contrario le FS non seguono il loro fine di produrre trasporto pubblico, ma si improvvisano speculatori edilizi e cementificatori.

* Vogliono scavare un tunnel di 7 km e una stazione sotterranea quando già esistono 4 possibili stazioni per i treni AV, quando c'è un progetto dell'Università che prevede il passaggio in superficie di nuovi binari.
* Il tunnel costerà 1 miliardo e 700 milioni di euro, mentre quello in superficie meno di 300 milioni; sono soldi pubblici, cioè nostri!
* Le FS pretendono, in cambio della costruzione del tunnel, di poter edificare ben 145.000 metriquadri di alberghi, centri commerciali e residenze sulle aree ferroviarie di Porta a Prato, Belfiore e Campo di Marte



Il Comune, la Provincia e la Regione accettano questo scambio:
CEMENTO IN CAMBIO DI CEMENTO
Proprio mentre si decide di fermare i treni AV a Campo Marte dimostrando concretamente che questi grandi lavori non servono.
Cemento e affari immobiliari mentre il trasporto dei pendolari è in condizioni pietose e nessuna risorsa vi è destinata

* Una serie di bufale condisce tutti questi brutti affari, come quando l'assessore regionale Conti dice che il tunnel libererà i binari per i treni locali: ma non vede l'assessore che il problema esiste già tra Firenze e Arezzo, dove non è previsto nessun potenziamento?
* Sa l'assessore del progetto delle FS di destinare la direttissima per Roma solo ai treni AV lasciando agli altri treni i vecchi lenti binari?
* Perché non si dice ai pendolari che saranno condannati a passare un'ora in più ogni giorno su carrozze piene di spifferi per far passare le frecce rosse?


Comitato contro il Sottoattraversamento AV di Firenze
http://notavfirenze.blogspot.com/
notavfirenze@gmail.com
338 3092948 – 335 1246551

domenica 1 marzo 2009




Cub - Confederazione Cobas - SdL intercategoriale

Comunicato stampa

L'attacco al diritto di sciopero

è un attacco alla democrazia

Con le nuove norme previste dal Governo sul diritto di sciopero si sta andando rapidamente verso un nuovo e pericolosissimo capitolo del più vasto tema della limitazione delle libertà sindacali e costituzionali, della democrazia nel mondo del lavoro e nella società.

Dietro un linguaggio formalmente tecnicistico, presentato come un intervento per il solo settore trasporti, il governo predispone la legislazione per gestire la fase attuale e futura di grave crisi economica e le conseguenti risposte dei lavoratori al tentativo di farne pagare a loro il costo. Ciò è confermato dal fatto che il governo ha annunciato norme che dovrebbero impedire di bloccare strade, aeroporti e ferrovie, forme di lotta utilizzate da tutti i lavoratori in casi particolarmente drammatici.

L'attacco al contratto nazionale, le nuove norme che si intendono introdurre sulla rappresentatività sindacale, la nuova concertazione tra governo, confindustria e sindacati confederali che si è trasformata in una vera e propria alleanza neocorporativa, sono elementi finalizzati ad impedire le rivendicazioni e la difesa dei diritti dei lavoratori. Ciò avviene proprio quando più grave è la crisi economica, più pesanti le conseguenze per i lavoratori e maggiore la necessità di risposte determinate.

Lo scopo del governo è quello di imporre per legge la pace sociale, vietando e criminalizzando il diritto di sciopero. Di ridurre al silenzio i lavoratori mentre si celebrano i misfatti nel settore dei trasporti - Fs , Tirrenia, Alitalia - con migliaia di esuberi, di messa in mobilità, di licenziamenti e il relativo aggravio sulla qualità del servizio e dei costi

UN COLPO DI MANO CHE VA SVENTATO SUL NASCERE , INSIEME A TUTTI I TENTATIVI PROTESI A METTERE AL BANDO LA COSTITUZIONE E I DIRITTI FONDAMENTALI.

Illegittima e autoritaria l'ipotesi di consegnare lo sciopero, che è un diritto individuale sancito dalla Costituzione, alla disponibilità gestionale di sindacati che rappresentino il 50% dei lavoratori; assurdo perché in molte aziende la sindacalizzazione non arriva neanche al 50%. Nonché il referendum preventivo che tende a dilazionare e snaturare l'azione di sciopero, già oggi estremamente contrastata dalle limitazioni della Commissione di Garanzia e dai ripetuti divieti del governo. Altrettanto improponibile è l'adesione preventiva allo sciopero, un non senso giuridico che prevederebbe l'impossibilità del singolo di poter mutare il proprio atteggiamento rispetto ad un'azione sindacale indetta. Inaccettabile infine la forma di lotta virtuale che di fatto elimina il diritto di sciopero ed assegna alle parti la capacità/volontà di individuare la “penale” per l'azienda in caso di “sciopero lavorato”, mentre ai lavoratori si ritira l'intera giornata di lavoro: quindi la perdita secca della giornata per il lavoratore ed una impercettibile riduzione dei profitti per l'azienda.

Contro questo ennesimo tentativo di eliminare il diritto di sciopero rispondiamo con la mobilitazione immediata contro governo e padroni, cisl, uil e ugl e finalizzando a questo obbiettivo gli scioperi già programmati a partire da quello per il trasporto aereo del 4 marzo.

Il sindacalismo di base ha indetto una manifestazione nazionale a Roma il 28 marzo e uno sciopero generale per il 23 aprile anche per difendere il diritto di sciopero e la democrazia sindacale

Cub – Confederazione Cobas – SdL intercategoriale

26 febbraio 2009

DISTRUTTA LA COMUNITA’ ROM DI PESARO

COMUNICATO STAMPA
27 febbraio 2009

DISTRUTTA LA COMUNITA’ ROM DI PESARO

LE AUTORITA’ AVEVANO L’ORDINE DI SGOMBERARE E DI SMEMBRARE LE FAMIGLIE

FOTO: http://www.everyonegroup.com/downloads/pesaro25.zip




Gruppo EveryOne: “Abbiamo vissuto momenti tragici. Una donna è caduta a terra. Madri e padri di famiglia in lacrime volevano darsi fuoco se avessero tolto loro i bambini. Proibita la mediazione umanitaria ai nostri attivisti e nessuna assistenza ai malati”. Inatteso il raid della forza pubblica, perché Sindaco e autorità si erano impegnati formalmente ad attuare un programma di integrazione casa-lavoro
Nella mattina del 25 febbraio, a Pesaro, circa 20 tra agenti della Polizia di Stato e della Polizia Locale sono intervenuti intorno alle 7.00 in via Fermo 49, all’altezza della fabbrica dismessa dove da quasi un anno si erano rifugiati 30 Rom romeni – tra cui pazienti cardiopatici e oncologici dell’ospedale San Salvatore, molte donne e 9 minori, compreso un bimbo di pochi mesi – con l’obiettivo di sgomberare lo stabile e sottrarre tutti i minori ai genitori. “Siamo accorsi sul posto e abbiamo assistito a scene strazianti” riferiscono gli attivisti del Gruppo EveryOne. “Madri e padri erano in lacrime e i bambini terrorizzati. Gli agenti avevano annunciato che i bambini sarebbero stati affidati ai Servizi Sociali e quindi sistemati in una comunità. Solo le mamme, però, avrebbero potuto restare con loro, mentre i padri sarebbero stati messi in mezzo alla strada”. Nico Grancea, uno dei più noti attivisti Rom in campo internazionale, faceva parte della comunità “nomade” che viveva a Pesaro. “I poliziotti ci hanno detto che il proprietario della fabbrica aveva denunciato l’occupazione dello stabile, ma sapevano che il Sindaco e tutte le Istituzioni pesaresi erano al corrente della nostra presenza nell’edificio, dove ci siamo rifugiati per sfuggire povertà e intolleranza in Romania. Molte delle persone sgomberate si trovavano sotto la tutela del Parlamento europeo, perché avevano denunciato di aver subito gravi aggressioni, pestaggi e intimidazioni in Italia, sia da parte della Forza Pubblica che di razzisti”. Le autorità, però, non hanno ascoltato alcuna ragione, nonostante Roberto Malini e Dario Picciau di EveryOne spiegassero loro la delicata condizione di testimoni per l’Unione europea della comunità Rom che veniva invece smembrata e sgomberata. “Il nostro Gruppo aveva ottenuto un impegno formale da parte del Comune di Pesaro” proseguono gli attivisti, “che garantiva un programma casa-lavoro. Il programma avrebbe dovuto iniziare all’inizio di settembre 2008, ma è stato sempre rimandato. Il Messaggero e altri quotidiani locali riportano le dichiarazioni del Sindaco e di alcuni Assessori, riguardo all’impegno assunto dal Comune”. Il Gruppo EveryOne aveva già segnalato nomi, cognomi e caratteristiche della comunità Rom sia ai Servizi Sociali che alle Autorità. Il locale Ospedale San Salvatore, quando è stato informato della presenza di bambini, donne incinte e malati gravi, ha intrapreso un programma di assistenza che ha assicurato cure mediche alle famiglie. Disattesi i tempi in cui era previsto il progetto di inclusione e stremata dalla povertà e dall’inverno, la comunità si trovava ora di fronte al dramma umanitario contro cui si battono la Commissione europea, il CERD delle Nazioni Unite e le organizzazioni internazionali per i diritti dei Rom: la sottrazione di minori da parte delle autorità. “Le famiglie Rom fanno dell’unione la loro stessa ragione di vita,” spiegano gli esperti EveryOne, “e in molti casi lo smembramento provoca tentativi di suicidio da parte dei genitori. Negli anni dell’Olocausto, i nazisti conoscevano questo aspetto della cultura Rom e infatti ad Auschwitz, a differenza delle famiglie ebree, quelle ‘zingare’ venivano tenute unite nello ‘Zigeunerlager’. Quando padre, madre e figli vengono separati, si creano situazioni di dolore e panico incontrollabili. Durante l’operazione di polizia, una giovane donna è stramazzata a terra, altre si lamentavano disperate, mentre una mamma nascondeva un coltello da cucina in una piega della gonna e sussurrava che si sarebbe sgozzata se l’avessero divisa dal marito. Nonostante il cordone di poliziotti, siamo riusciti a comunicare con la comunità Rom, evitando il peggio”. Non veniva garantita libertà di movimento e comunicazione con gli altri attivisti neanche a Nico Grancea, il giovane attivista protagonista di tante azioni a tutela dei diritti dei Rom perseguitati, testimone e consulente per il Parlamento europeo e organizzazioni internazionali per i diritti umani. “Mia moglie aveva in braccio il nostro bimbo di quattro mesi,” racconta Nico, “mentre le altre madri erano terrorizzate da ciò che si stava prospettando. Gli agenti non ci ascoltavano, non vedevano famiglie davanti a loro, ma una pratica da sbrigare. Non conoscono lo spirito di sacrificio dei Rom. Non sanno che tanti di noi erano vicini a compiere atti di autolesionismo irreparabili. Alcuni meditavano di darsi fuoco se avessero diviso le famiglie. Non ci avrebbero separati, avremmo protestato sacrificando le nostre vite. I miei amici di EveryOne hanno capito perfettamente la gravità della situazione e ci hanno aiutato con la loro esperienza di fronte a situazioni estreme, mentre gli agenti non volevano riconoscere il loro ruolo di mediatori incaricati dal Parlamento europeo”. Per fortuna le madri Rom si organizzavano e riuscivano coraggiosamente a sottrarsi alle forze dell’ordine, fuggendo con i loro piccoli. “Studio l’Olocausto e le dinamiche delle persecuzioni da trent’anni,” dice Roberto Malini, “ho pubblicato libri e tenuto conferenze sull’argomento. E’ innegabile che vi sono precise attinenze fra gli anni delle leggi razziali e il presente. La fuga delle madri Rom di Pesaro mi ricorda la famosa operazione del Gruppo Westerweel, in Olanda, condotta da Mirjam Pinkhof – mia cara amica, sopravvissuta alla Shoah – e altri attivisti, che misero in salvo numerosi bambini ebrei”. Alcuni membri della Commissione Ue e del Parlamento europeo seguivano con ansia le vicende di Pesaro, in contatto con EveryOne. “Mentre si svolgevano i fatti, abbiamo tenuto un canale di comunicazione aperto anche con alcuni deputati e senatori italiani, oltre che con la Procura della Repubblica di Pesaro e Urbino” prosegue Matteo Pegoraro. “Il timore di tutti era che l’operazione di polizia degenerasse in tragedia. Malini, Picciau e Grancea, però, hanno esperienza da vendere e non è certo la prima volta che EveryOne si trova in situazioni tanto difficili. Ora che però l’azione è compiuta, sono necessarie prese di posizione anche da parte del mondo politico, e alcuni deputati radicali mi hanno confermato la volontà di presentare un’interrogazione parlamentare sull’intera vicenda”.
“Non capisco perché le Istituzioni e le Autorità non ci abbiano contattati, prima di attuare un’azione del genere” si chiede Dario Picciau. “Mentre si svolgevano i fatti, ero in contatto telefonico con la parlamentare europea Viktoria Mohacsi, mentre le principali ONG europee si prodigavano per organizzare una task-force a sostegno della comunità Rom. Non possiamo criticare gli agenti, che hanno obbedito agli ordini e non hanno considerato, poiché non vi erano tenuti, la vulnerabilità delle famiglie nonché le loro condizioni di salute fortemente precarie e la paura di ognuno, dettata da tanti episodi di intolleranza. Non riusciamo a capire, però, che bisogno c’era di inviare 20 agenti armati con volanti e un furgone anziché risolvere la contingenza intorno a un tavolo, con politici, autorità e attivisti. Viktoria Mohacsi, altri europarlamentari e alcuni dei principali esperti europei di cultura e vita del popolo Rom erano pronti a partecipare personalmente all’eventuale tavola rotonda”.
Domenica 22 febbraio Canale 5 aveva inviato alla fabbrica di via Fermo a Pesaro una troupe, condotta dal giornalista Mimmo Lombezzi, per un servizio sulla condizione dei Rom in Italia da mandare in onda nella puntata di martedì 24 febbraio: Grancea e diversi Rom hanno raccontato alle telecamere il grado di persecuzione che sono costretti a subire quotidianamente, l’atteggiamento delle forze dell’ordine nei loro confronti, la segregazione in cui sono tenuti, l’azione delle ronde di pulizia etnica, che commettono gravi abusi sui Rom profittando del clima di intolleranza. Un uomo aveva mostrato alle telecamere di Canale 5 i lividi ancora evidenti sul corpo per un pestaggio subito ad Ancona il 15 febbraio, il giorno dopo l’offensiva di violenza xenofoba scoppiata in Italia in seguito allo stupro al parco romano della Caffarella.
Un dossier sui fatti di Pesaro è stato consegnato al Parlamento europeo, alla Commissione e al Consiglio Ue, alla Corte Internazionale dell’Aja, al CERD (Comitato anti-discriminazione delle Nazioni Unite) e all’Ufficio Legale Europeo per i Diritti dei Rom, in relazione ai gravissimi danni che hanno cagionato alla comunità Rom i mancati interventi di assistenza e la mancata realizzazione del programma di integrazione garantito dal Comune di Pesaro.
Per ulteriori informazioni:
Gruppo EveryOne
Mobile: +39 334 8429527 - +39 331 3585406


Prima di tutto vennero a prendere gli immigrati e stetti zitto perchè mi stavano antipatici.

Poi vennero a prendere gli zingari e fui contento perchè rubacchiavano.

Poi vennero a prendere i senzatetto ed io non dissi niente perchè avevo una casa.

Poi vennero a prendere gli omosessuali e fui sollevato perché mi erano fastidiosi.

Un giorno vennero a prendere me e non c'era rimasto nessuno a protestare.

Il bombardamento dell'informazione, il frastuono dei vari tipi d'inquinamento, la confusione, l'isolamento, ci spingono sempre più verso una "anestesia difensiva" che ci impedisce di comunicare con noi stessi e con gli altri, ci fa sopportare situazioni orribili e ci impedisce di trovare risposte che aprano il futuro nostro e di chi ci circonda. Il prossimo sono io! nasce con la foto petizione, ma altre attività si agiteranno a futuro, tutte volte a stimolare la necessità di identificazione nella situazione che si vive l'altro. L'obiettivo dell'identificazione è comprendere e poter prendere una posizione coerente di fronte alle situazioni personali e sociali che oggi ci troviamo a dover affrontare, come individui e come popoli.


Il Prossimo sono io dà stimolo a tutte le Nuove Azioni che aprono il futuro dell'umanità intera:
è possibile stare bene tutti!
è possibile trovarsi d'accordo anche se siamo in tanti e molto diversi!
la diversità è ricchezza! ecc....