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mercoledì 30 settembre 2009

Milano, vigili a caccia degli immigrati il bus-galera imprigiona i clandestini

Gli stranieri senza documenti vengono fatti salire su un bus con grate sui vetri: è il “bus-galera” usato per gli ultrà, utilizzato per bloccare i presunti clandestini e poi identificarli. A effettuare le operazioni sono i vigili del nucleo Trasporto pubblico, istituito per garantire la sicurezza su tram e bus, ma che di fatto si è specializzato in questi mesi nella caccia ai clandestini in città...
di Franco Vanni


Al commissario questo lavoro piace: "Ragazzi, prendetemi anche quello nascosto nell’erba e mi avete fatto felice", dice ai suoi. Quello nascosto nell’erba è nordafricano, ha poco più di 20 anni.
Si è liberato dalla presa di un vigile e si è imboscato dietro a un cespuglio. Da lì, è corso chissà dove. Al termine di un’intera mattinata di controlli, sarà l’unico straniero scappato al nucleo
Trasporto pubblico dei vigili. La squadra, messa in piedi dal Comune nel 2000 per garantire la sicurezza su tram e bus, dallo scorso anno si è specializzata nel servizio "fermi e identificazioni". In pratica: chiudere in speciali autobus con grate ai finestrini, e poi identificare, gli stranieri trovati senza documenti durante i controlli dei biglietti sui mezzi pubblici.

Trentadue agenti divisi in tre turni. Vigili che, mentre gli uomini di Atm multano chi viaggia gratis, fanno quello che devono fare. Un tram dopo l’altro, uno straniero alla volta. Ieri mattina, la prima uscita dall’avvio dei processi ai clandestini, è andata bene: 120 multe staccate e dieci stranieri portati in centrale. Ci si apposta alla fermata, si chiedono i documenti agli stranieri e se non li hanno li si carica sul "bus-galera". È lo stesso tipo di autobus usato per scortare allo stadio i gruppi ultrà. Gli agenti lo chiamano "Stranamore", "perché ricorda il camper su cui Alberto Castagna negli anni Novanta faceva piangere gli innamorati in tivù", ride un agente.

Sulla strada del ritorno, a operazione conclusa, Stranamore è accompagnano da quattro auto dei vigili, che con sirene accese bruciano i semafori per portare il carico alla centrale. Quando alla fermata del tram 15 in via De Missaglia scatta la "tonnara" — sempre stando al gergo dei vigili — sono le sette e mezza. Il tram si ferma, gli agenti bloccano le uscite. Per primo tocca a un ragazzo nordafricano. Mostra fotocopie di documenti, gli fanno cenno di salire sul bus blindato, lui esegue senza fare troppe storie. Poi è il turno di uno slavo. Non apre bocca, toglie le mani di tasca solo prima di sedersi dietro al primo fermato. I passeggeri del tram assistono alla scena e Commentano. Una donna con caschetto di capelli bianchi chiede agli agenti: "Ma perché
fate così? Hanno fatto qualcosa?". La risposta: "Sono clandestini, signora".

Tre dei dieci fermati, risulterà a sera dopo le verifiche, non lo sono affatto. Per sette scatta invece la denuncia per clandestinità, e uno solo è arrestato: ha già in tasca il decreto di espulsione ma non si è mosso dall’Italia. Dentro al bus, che alle dieci del mattino sta per ripartire con gli uomini a bordo, qualcuno prende a pugni il vetro. Altri nascondono il volto fra le ginocchia. Si ferma un’altra signora, borsetta stretta al petto: "Fate bene — dice agli agenti — questi qua in galera devono stare". Una donna chiede ingenuamente ai vigili dove sia diretto lo strano bus con le reti alle finestre. Fa anche per salire, ma il vigile la ferma: "Signora, aspetti il tram che è meglio".

Delle pattuglie anti-clandestini va fiero il vicesindaco Riccardo De Corato: "È un servizio svolto esclusivamente da questa speciale task-force — dice — non sottrae agenti al controllo della viabilità, che è di competenza di altri 2.900 vigili". Nell’e logiare i "puma", De Corato risponde così anche alle accuse fattegli dai sindacati degli stessi vigili, che criticano il Comune "per avere dirottato troppe divise sulle campagne legate alla sicurezza, trascurando i compiti propri dei ghisa milanesi", come la rimozione di auto sui passi carrai.

Un’inchiesta di Repubblica Milano ha rivelato come, per soddisfare le iniziative securitarie di Palazzo Marino (come il contrasto ad accattoni e venditori abusivi), il comando dei vigili invii fax ai suoi uffici territoriali chiedendo di "dirottare" su quei servizi le pattuglie destinate a soddisfare i reclami dei cittadini. Nell’ordine è compreso anche l’obbligo di fornire "i numeri relativi agli interventi svolti", con cui poi Palazzo Marino fa comunicati stampa. E se non bastano i vigili dei comandi di zona, si ricorre agli straordinari: in media 13mila ore al mese, per una spesa di oltre 300mila euro. "Se i compiti dei vigili sono cambiati è solo perché lo prevede la legge — dice De Corato — e comunque dei 3.057 vigili di Milano, solo 150 si occupano di sicurezza a tempo pieno".

Le rassicurazioni del vicesindaco non bastano a placare l’insoddisfazione dei vigili. Alcune sigle sindacali, minacciano di boicottare la tradizionale festa del corpo, in programma per sabato. "Non sappiamo più quale sia il nostro lavoro e nemmeno chi ci comanda", dicono i ghisa in protesta in protesta, dopo che a luglio il comandante Emiliano Bezzon è stato rimosso perché indagato in un’inchiesta giudiziaria su presunti favori a locali notturni.
(29 settembre 2009)

http://milano.repubblica.it/dettaglio/milano-vigili-a-caccia-degli-immigrati-il-bus-galera-imprigiona-i-clandestini/1734491

martedì 29 settembre 2009

Nemmeno la morte fermerà il tuo volo

Come deve essere l'iscrizione scolastica

L'ASGI analizza l’ambito di applicazione del nuovo testo dell'art. 6 comma 2 del TU immigrazione d.lgs. 286/98 per la parte riguardante l’accesso dei minori stranieri all’istruzione a seguito delle innovazioni introdotte dalla Legge 94/2009.
L'ASGI ribadisce che l'iscrizione scolastica dei minori stranieri, e le prestazioni complementari al diritto all'istruzione, devono avvenire a parità di condizioni con i minori italiani dalla scuola dell'infanzia e sino al completamento del diritto/dovere all'istruzione e alla formazione.
Inoltre, nell'ambito di tale percorso del diritto/dovere all'istruzione e alla formazione, non deve essere richiesto ai minori stranieri ed ai loro genitori il permesso di soggiorno, e non deve essere fatta, neppure indirettamente, alcuna segnalazione all'Autorità giudiziaria e/o all'Autorità di P.S. della presenza degli stessi e/o dei loro genitori.

L'analisi dell'ASGI in allegato e sul sito.

A.S.G.I. - Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione

Segreteria Organizzativa - ufficio stampa - Udine - tel/fax +39.0432.507115 - cell. 3470091756 - e-mail, info@asgi.it

Ufficio Formazione - Trieste - via Fabio Severo - 34100 - 040/368463

Sede legale – Torino – via Gerdil 7 – tel/fax +39.0114369158 – e-mail, segreteria@asgi.it

martedì 22 settembre 2009

Afghanistan, De Zordo: "Riflettere senza retorica. Si tracci la via della pace"

“Onorare davvero la memoria dei soldati italiani significa oggi riflettere senza retorica sulla causa per la quale hanno compiuto la loro missione”. Lo ha detto Ornella De Zordo intervenendo sull'incidente avvenuto giovedì 17 setttmbre in Afghanistan. “Non sono morti per la pace – ha sottolineato De Zordo – perché stanno facendo la guerra, tant'è che il nostro paese fornisce
i tornado per i bombardamenti. Non per la democrazia, perché proteggono un governo-fantoccio che non ha nulla di democratico, e che ha avuto bisogno di brogli elettorali per vincere le elezioni. Non sono caduti per la sicurezza internazionale, perché i nostri soldati stanno combattendo contro gli afgani, non contro il terrorismo islamico internazionale: a questo, semmai, stanno fornendo un pretesto per odiare e attaccare l'Occidente”.

“Una risposta credibile in questo senso – ha spiegato De Zordo – l'ha data il generale Fabio Mini, ex comandante del contingente Nato in Kosovo, intervenendo la scorsa settimana a un dibattito sull'Afghanistan tenutosi a Firenze e organizzato da Emergency: 'Lo scopo fondamentale della missione – ha detto – non è la ricostruzione, o la pacificazione, né la democrazia: la Nato è in Afghanistan esclusivamente per dimostrare che è coesa. Ecco perché gli Stati Uniti chiedono soldati in più: ma pensate davvero che manchino loro le forze per far da soli?'“

“L’Afghanistan – ha aggiunto De Zordo – è il maggior produttore di oppio al mondo (l’eroina del paese rifornisce i tre quarti del mercato occidentale e il fratello dell'attuale presidente Karzai è fra i più grandi trafficanti di droga del paese, così come lo sono importanti esponenti dello stesso governo afgano) ed è ricco di smeraldi e risorse minerarie. Ma il valore strategico del paese è legato ai gasdotti e ai corridoi commerciali che lo attraversano, oltre che alla recente scoperta di giacimenti di uranio.
Quindi gli interessi in gioco sono molteplici, e comunque lontani da quelli esternati dall'alleanza occidentale”.

“Nel 2001 la prima motivazione fornita dalla comunità internazionale per giustificare la guerra in Afghanistan – ha prosefuito De Zordo – è stata che bisognava punire il paese che aveva ospitato Bin Laden. Bin Laden adesso è fuggito altrove, e noi siamo restati. Finché l'occupazione e la guerra continueranno, con le stragi di civili, i rastrellamenti, la distruzione dei villaggi, la terra bruciata si allargherà attorno ai nostri soldati e la guerriglia afgana diventerà sempre più popolare. La rabbia e il dolore di chi, a causa delle truppe occidentali, perde un familiare, la casa, una parte del corpo o semplicemente la libertà e la dignità, non fanno che accrescere il conflitto”.

“Un conflitto che stiamo tutti pagando con il prezzo di vite umane, che sono una sconfitta sempre: dal 2001 ad oggi la guerra in Afghanistan ha causato 42.500 morti afgani di cui 11mila civili (7.500 vittime delle truppe d'occupazione e 3.500 degli attacchi talebani), 6mila soldati e agenti di polizia, 25mila guerriglieri e 1.350 soldati Usa e Nato. Proprio oggi è la giornata internazionale della pace dell'Onu. Il nostro governo dovrebbe ritirare subito le truppe – ha concluso De Zordo – e fare ogni sforzo nelle sedi diplomatiche perché la comunità intrnazionale riveda ompletamente la strategia, cessando da subito il conflitto e convocando una conferenza di
pace al quale partecipino tutti i soggetti coinvolti”.

domenica 13 settembre 2009

Il RAZZISMO ISTITUZIONALE DEL GOVERNO Fuori LEGGE


Relzione svolta da Luigi Ferraioli nell'incontro organizzato a Lampedusa da Magistratura Democratica, Medel, Movimento per la giustizia

Luigi Ferrajoli

  • Il RAZZISMO ISTITUZIONALE DEL GOVERNO
    Fuori LEGGE
    Pubblichiamo la relazione del filosofo all'incontro «La frontiera dei diritti. Il diritto alla frontiera» organizzato a Lampedusa da Magistratura democratica, dal Medel e dal Movimento per la Giustizia
    È con un senso di sgomento e di mortificazione civile che siamo oggi qui a Lampedusa per discutere della vergognosa politica italiana in materia di immigrazione: delle scandalose leggi razziste e incostituzionali varate dall'attuale governo contro gli immigrati, fino alla criminalizzazione della stessa condizione di immigrato irregolare; dei respingimenti di massa illegittimi, in violazione del diritto d'asilo, di migliaia di disperati che fuggono dalla fame, o dalle persecuzioni o dalle guerre; delle violazioni dei diritti e della dignità della persona negli attuali centri di espulsione, e più ancora nei lager libici nei quali gli immigrati respinti vengono destinati; delle centinaia di morti, infine - fino alla tragedia dei 73 eritrei lasciati annegare in mare lo scorso agosto, dopo 21 giorni alla deriva - vittime della disumanità del nostro governo, immemore della lunga tradizione di emigrazione del nostro paese

    La guerra ai migranti
    Ci troviamo di fronte ad un cumulo di illegalità istituzionali, che hanno provocato critiche e proteste da parte dell'Onu, dell'Unione Europea e della Chiesa cattolica e che deturpano i connotati essenziali della nostra democrazia. (...) Credo sia opportuno, in via preliminare, misurarne la contraddizione profonda con i principi più elementari della tradizione liberale. Entro questa tradizione, il diritto di emigrare è il più antico dei diritti naturali, essendo stato proclamato alle origini della civiltà giuridica moderna. Ben prima della teorizzazione hobbesiana del diritto alla vita e di quella lockiana dei diritti di libertà, lo ius migrandi fu infatti configurato dal teologo spagnolo Francisco de Vitoria, nelle sue Relectiones de Indis svolte a Salamanca nel 1539, come un diritto universale e insieme come il fondamento del nascente diritto internazionale moderno.
    Di fatto la sua proclamazione era chiaramente finalizzata alla legittimazione della conquista spagnola del Nuovo mondo: anche con la guerra, ove all'esercizio di quel diritto fosse stata opposta illegittima resistenza. Tuttavia - benché asimmetrico, non essendo certo esercitabile dalle popolazioni dei «nuovi» mondi, ma solo dagli europei che lo invocarono a sostegno delle loro conquiste e colonizzazioni - lo ius migrandi rimase da allora un principio fondamentale del diritto internazionale consuetudinario.

    In nome della proprietà privata
    John Locke lo teorizzò come essenziale al nesso proprietà, lavoro, sopravvivenza sul quale fondò la legittimità del capitalismo: «la stessa norma della proprietà», in forza della quale ciascuno è proprietario dei frutti del proprio lavoro, egli scrisse, «può sempre valere nel mondo senza pregiudicare nessuno, poiché vi è terra sufficiente nel mondo da bastare al doppio di abitanti» (...). Kant, a sua volta, enunciò ancor più esplicitamente non solo il «diritto di emigrare», ma anche il diritto di immigrare, che formulò come «terzo articolo definitivo per la pace perpetua». Infine il diritto di emigrare fu consacrato nell'art.13 della Dichiarazione universale dei diritti nel 1948 e in quasi tutte le odierne costituzioni, inclusa quella italiana (...).
    Ho ricordato queste origini dello ius migrandi perché la loro memoria dovrebbe quanto meno generare una cattiva coscienza in ordine all'illegittimità morale e politica, ancor prima che giuridica, della legislazione contro gli immigrati. Quell'asimmetria, in forza della quale quel diritto fu utilizzato dai soli occidentali a danno delle popolazioni dei nuovi mondi, si è oggi rovesciata. Dopo cinque secoli di colonizzazioni e rapine non sono più gli europei ad emigrare nei paesi poveri del mondo, ma sono al contrario le masse affamate di questi stessi paesi che premono alle nostre frontiere. E con il rovesciamento dell'asimmetria si è prodotto anche un rovesciamento del diritto. Oggi che l'esercizio del diritto di emigrare è divenuto possibile per tutti ed è per di più la sola alternativa di vita per milioni di esseri umani, non solo se ne è dimenticato l'origine storica e il fondamento giuridico nella tradizione occidentale, ma lo si reprime con la stessa feroce durezza con cui lo si è brandito alle origini della civiltà moderna a scopo di conquista e colonizzazione. Nel momento in cui si è trattato di prenderne sul serio il carattere «universale», quel diritto è infatti svanito, capovolgendosi nel suo contrario: tramutandosi in reato.
    È questa l'enorme novità dell'attuale legislazione italiana rispetto alle stesse leggi anti-immigrazione del passato, come la Bossi-Fini o le varie leggi contro gli immigrati degli altri paesi europei: la criminalizzazione degli immigrati clandestini. (...)
    Ma oggi la novità della criminalizzazione degli immigrati compromette radicalmente l'identità democratica del nostro paese. Giacché essa ha creato una nuova figura: quella della persona illegale, fuorilegge solo perché tale, non-persona perché priva di diritti e perciò esposta a qualunque tipo di vessazione; destinata dunque a generare un nuovo proletariato, discriminato giuridicamente e non più solo, come i vecchi immigrati, economicamente e socialmente.
    Il salto di qualità consiste dunque nei connotati intrinsecamente razzisti della nuova legislazione: dapprima del decreto legge n.92/2008, convertito in legge il 24 luglio del 2008, che ha introdotto, per qualunque reato, l'aggravante della condizione di clandestino, l'aumento della pena fino a un terzo e il divieto di concedere le attenuanti generiche sulla sola base dell'assenza di precedenti penali; poi, soprattutto, della legge sulla sicurezza (...) È stato infine allungato da 2 a 6 mesi il tempo di permanenza dei clandestini nei centri di espulsione (Cie). Infine le norme apertamente razziste, di triste memoria nel nostro paese: il divieto dei matrimoni misti per l'immigrato irregolare, gli ostacoli alle rimesse di denaro alle famiglie; il divieto per quanti sono privi del permesso di soggiorno di iscrivere i figli all'anagrafe, con il conseguente pericolo che questi, non essendo riconosciuti, possano essere dati in adozione e sottratti alle loro madri, la cui sola alternativa sarà il parto clandestino e la clandestinità dei loro figli.(...)

    Buttati a mare
    La cosa più sconfortante è che queste leggi non sono bastate a soddisfare le pulsioni razziste presenti nell'attuale governo. Anch'esse, benché crudelmente discriminatorie, sono state violate dal nostro governo. È quanto è accaduto in questi mesi, a partire dallo scorso 6 maggio, con l'infamia dei respingimenti in mare, nel corso dei quali centinaia di persone sono state rigettate, a rischio della loro vita, nei campi libici o nei loro paesi di provenienza. Questi respingimenti sono illegali sotto più aspetti. Hanno violato, anzitutto, il diritto d'asilo stabilito dall'articolo 10 (comma 3) della Costituzione per «lo straniero al quale sia impedito nel suo paese l'effettivo esercizio delle libertà democratiche», giacché le navi italiane con cui gli immigrati vengono riportati in Libia sono territorio italiano, siano esse in acque territoriali o in acque extraterritoriali. E lo hanno violato doppiamente, giacché questi disperati vengono respinti in quei veri lager che sono i campi libici, dove sono destinati a rimanere senza limiti di tempo e in violazione dei più elementari diritti umani. Hanno violato, in secondo luogo, la garanzia dell'habeas corpus stabilita dall'articolo 13 (3 comma) della Costituzione: questi respingimenti si sono infatti risolti in accompagnamenti coattivi, non sottoposti a nessuna convalida giudiziaria. (...) Infine sono state violate le convenzioni internazionali che l'Italia, nell'articolo 10 della Costituzione si è impegnata a rispettare: l'art.13 della Dichiarazione universale dei diritti umani sulla libertà di emigrare; l'art.14 della stessa Dichiarazione sul diritto d'asilo; l'art.4 del protocollo 4 della Convenzione europea dei diritti umani che vieta le espulsioni collettive.
    Infine l'ultimo, dolente capitolo: quello dei «centri» che prima si chiamavano «di accoglienza» e che la nuova legge chiama «centri di identificazione e di espulsione», nei quali gli immigrati possono restare reclusi non più per 60 giorni, come secondo la vecchia legge, ma per sei mesi. Questi centri sono veri luoghi di detenzione: una detenzione, peraltro, ancor più grave e penosa di quella carceraria, dato che è sottratta a tutte le garanzie previste per i detenuti, a cominciare dal ruolo di controllo svolto dalla magistratura di sorveglianza.
    Sono stati così creati dei centri, dei luoghi, dei campi di concentramento - chiamiamoli come vogliamo - in cui vengono recluse persone che non hanno fatto nulla di male, ma che vengono private di qualunque diritto e sottoposte a un trattamento punitivo senza neppure i diritti e le garanzie che accompagnano la stessa pena della reclusione. In questi centri la violazione dell'habeas corpus è totale.(...)
    Queste norme e queste pratiche rivelano insomma un vero e proprio razzismo istituzionale. (...) Esse esprimono l'immagine dell'immigrato come «cosa», come non-persona, il cui solo valore è quello di mano d'opera a basso costo per lavori troppo faticosi, o pericolosi o umilianti: tutto, fuorché un essere umano, titolare di diritti al pari dei cittadini.

    Categorie criminali
    C'è un altro aspetto, ancor più grave, del razzismo istituzionale espresso da queste norme e dalla campagna sulla sicurezza a loro sostegno: il veleno razzista da esse iniettato nel senso comune. Queste norme e questa campagna non si limitano a riflettere il razzismo diffuso nella società, ma sono esse stesse norme razziste - le odierne «leggi razziali», è stato detto, a distanza di 70 anni da quelle di Mussolini - che quel razzismo valgono ad assecondare e a fomentare, stigmatizzando come pericolosi e potenziali delinquenti non già singoli individui sulla base dei reati commessi, ma intere categorie di persone sulla base della loro identità etnica. (...)
    Questo razzismo istituzionale rischia di minare alle radici la nostra democrazia. Al tempo stesso, le politiche e le leggi che ne sono espressione possono solo aggravare e drammatizzare tutti i proble-mi che si illudo-no di risolvere. Mentre non saranno mai in grado di fermare l'immigrazione, avranno come effetto principale l'aumento esponenziale del numero dei clandestini e la loro emarginazione sociale inevitabilmente criminogena. E' infatti evidente che, come già è accaduto per l'emigrazione italiana negli Stati Uniti negli anni venti e trenta del secolo scorso, la condizione di debolezza e di inferiorità degli immigrati finisce inevitabilmente per spingerli nell'illegalità, alla ricerca della solidarietà e della protezione di altri immigrati clandestini e di consegnarli, magari, al controllo delle mafie. Occorre al contrario essere consapevoli della complementarità e della convergenza tra sicurezza e integrazione sociale: una politica a garanzia della sicurezza non solo non esclude, ma implica la massima integrazione degli immigrati, attraverso il riconoscimento della loro dignità di persone e la garanzia di tutti i diritti della persona.


venerdì 11 settembre 2009

Lettera ai genitori sulla “Nuova Influenza”


Cari genitori,
ogni giorno parliamo della nuova influenza, e mi chiedete se sia utile e sicuro vaccinare i bambini.
La mia risposta Ë NO! Un ‘no’ motivato e ponderato, frutto delle analisi delle conoscenze fornite dalla letteratura medica internazionale. Un ‘no’ controcorrente perchÈ molti organismi pubblici, alcune societ‡ scientifiche e i mezzi di comunicazione trasmettono messaggi differenti: avranno le loro ragioni.

Influenza stagionale e influenza A/H1N1: alcuni dati a confronto

L’epidemia, iniziata in Messico nel 2009, Ë di modesta gravit‡: il virus A/H1N1 si Ë dimostrato meno aggressivo della comune influenza stagionale. Si manifesta come qualsiasi forma influenzale: febbre, mal di testa, dolori muscolari, nausea, diarrea tosse. Non sar‡ l’unica patologia che colpir‡ i bambini in questo inverno, e non sar‡ facile distinguerla dai circa 500 (tra tipi e sottotipi) virus capaci di infettare i bambini. I test rapidi per identificare il virus dell’influenza A hanno poca sensibilit‡ (dal 10 al 60%). Il test quindi non garantisce con certezza se si tratti di influenza A/H1N1. Leggi tutto

No alle Basi Nucleari e civili - Turi Vaccaro

domenica 13 settembre 2009
presso Il Centro delle Culture
via San Gallo 109 rosso
Firenze
ore 21.00

Cammino per la nonviolenza

Turi Vaccaro
sta facendo un cammino da Napoli a Vicenza attraverso l'Italia, passando da Firenze il 13 settembre 2009.
Il “cammino” di Turi è per dire NO alle basi militari che opprimono il nostro paese, per dire NO ad ogni forma di nucleare, sia quello militare, che è il più grande attentato all'esistenza dell'umanità, sia quello civile che ne è il presupposto.
Il “cammino” di Turi si concluderà a Vicenza l'8 novembre, lo stesso giorno che la “Marcia Mondiale per la Pace e la Nonviolanza” passa da quella città (La Marcia Mondiale è organizzata da “Mondo senza Guerre”, partirà dalla Nuova Zelanda il 2 ottobre 2009 per concludersi in Argentina il 2 gennaio 2010).

La Comunità per lo Sviluppo Umano
La Tavola per la Nonviolenza
La Fucina per la Nonviolenza

invitano ad un incontro con "il marciatore" Turi Vaccaro per capire le ragioni del suo impegno


Interverranno anche:
  • Alfonso Navarra, giornalista, che parlerà sul nucleare civile e militare in Italia e dei legami di questo con le basi militari disseminate nel nostro territorio
  • Tiziana Landra, attivista nonviolenta umanista, illustrerà i motivi e le modalità della "Marcia Mondiale per la Pace e la Nonviolenza" (www.theworldmarch. org)

mercoledì 2 settembre 2009

Teoria e pratica della detenzione amministrativa - Una testimonianza da Ponte Galeria


«Quando sono entrato qui mi hanno detto che dovevo stare tranquillo, che qui ero libero… Ho visto la Croce Rossa e mi sono detto: “meno male, almeno non vedo la polizia intorno”. Invece
mi sono sbagliato tanto, mi sono sbagliato tanto a pensare così…

La Croce Rossa mi ha dato un paio di ciabatte, un paio di lenzuola di carta di quelle che si usano sui treni, quelle usa e getta. Mi ha aperto un cancello e… lunghe sbarre, lunghe sbarre alte quattro metri.

Tutto a sbarre. Avete presente gli zoo, come sono divisi gli animali?
Una gabbia sono negri, una gabbia sono arabi, una gabbia sono del Bangladesh, una gabbia sono indiani, una gabbia sono europei…

Da lontano ho visto i militari, e come girano intorno coi mezzi che usano lì in Afghanistan - armati! Subito mi sono reso conto che mi hanno detto una bugia, che non ero libero io: una
persona chiusa in una gabbia 16 per 20 non può essere libera, non può essere libera!

Qui non c’è la vita, non si può vivere così: ci danno il vitto solo per tenerci in vita. Sapete come ci sentiamo, sapete come ci sentiamo noi? Persone sequestrate!
Una cosa è sentirla - vedete, mi viene la pelle d’oca - e un’altra cosa è trovarsi solo cinque minuti in una gabbia… e no, due mesi, tre mesi, quattro mesi, cinque mesi, sei mesi…

E intorno a noi girano militari che sono tornati dall’Afghanistan. Vigili urbani, Polizia, Finanza,Carabinieri, Polizia stradale, militari… tutte le divise abbiamo qua. E
in più abbiamo la Croce Rossa: per me il nome della Croce Rossa è infangato, infamato!, perché sotto le divise della Croce Rossa si nascondono gli ex militari.
E questo lo posso confermare
davanti a tutti, anche davanti al Presidente della Repubblica.

Qui non è come fosse Guantanamo: è Guantanamo. È Guantanamo. È Guantanamo del signor Berlusconi, del signor Bossi, del signor Maroni, del signor Fini, del signor Casini e del signor Calderoli. Noi vogliamo che nostra voce si senta da qua a tutto il mondo come si è
sentita per Guantanamo.Trasmettetela e ve ne saremo molto grati: le nostre sofferenze qua non si possono descrivere. Non si possono descrivere, non si possono descrivere…»

C.I.E. Ponte Galeria, Roma, 30 agosto 2009
http://toscananocie.noblogs.org/post/2009/08/30/teroria-e-pratica-della-detenzione-amministrativa-una-testimonianza-da-ponte-galeria

da macerie [http://www.autistici.org/macerie]

Prima di tutto vennero a prendere gli immigrati e stetti zitto perchè mi stavano antipatici.

Poi vennero a prendere gli zingari e fui contento perchè rubacchiavano.

Poi vennero a prendere i senzatetto ed io non dissi niente perchè avevo una casa.

Poi vennero a prendere gli omosessuali e fui sollevato perché mi erano fastidiosi.

Un giorno vennero a prendere me e non c'era rimasto nessuno a protestare.

Il bombardamento dell'informazione, il frastuono dei vari tipi d'inquinamento, la confusione, l'isolamento, ci spingono sempre più verso una "anestesia difensiva" che ci impedisce di comunicare con noi stessi e con gli altri, ci fa sopportare situazioni orribili e ci impedisce di trovare risposte che aprano il futuro nostro e di chi ci circonda. Il prossimo sono io! nasce con la foto petizione, ma altre attività si agiteranno a futuro, tutte volte a stimolare la necessità di identificazione nella situazione che si vive l'altro. L'obiettivo dell'identificazione è comprendere e poter prendere una posizione coerente di fronte alle situazioni personali e sociali che oggi ci troviamo a dover affrontare, come individui e come popoli.


Il Prossimo sono io dà stimolo a tutte le Nuove Azioni che aprono il futuro dell'umanità intera:
è possibile stare bene tutti!
è possibile trovarsi d'accordo anche se siamo in tanti e molto diversi!
la diversità è ricchezza! ecc....